La terapia gestaltica

La terapia gestaltica Parola per parola

F.S. Perls, Astrolabio

 

Lo scopo principale di quest’opera è quello di far luce su quelle che sono le caratteristiche che hanno fatto della terapia gestaltica una delle maggiormente messe in atto nell’ambito della psicologia come del counseling.

Perls definisce la terapia gestaltica come approccio esistenziale  che agisce sull’esistenza globale della persona. Tale terapia si fonda esclusivamente sulla gestalt, ossia sul fenomeno vissuto, inteso come unità di esperienze che non può subire alcuna frammentazione poiché in questo  caso perderebbe la definizione in termini di unità.

Essa si basa dunque sul fenomeno biologico primario del bisogno: ogni uomo è visto come un’entità in continua evoluzione, in perenne processo di riequilibrio fra i bisogni emergenti al suo interno.

Si parta dunque dalla definizione di organismo, inteso come insieme di organi funzionali all’andamento regolare della vita dell’essere che, per sopravvivere, ha necessità di entrare in contatto con l’ambiente che lo circonda.

Ogni cellula dell’organismo ha una funzione specifica sebbene l’organismo funzioni sempre e comunque come una totalità: esso non ha degli organi, delle cellule, dei tessuti; esso è i suoi organi, le sue cellule, i suoi tessuti. La salute dell’organismo sta nell’equilibrio degli elementi che lo compongono.

Organismi differenti poi entrano in contatto tra loro e definiscono varie tipologie di rapporto basate sulla comunicazione: l’io ed il tu si modificano a vicenda e condividono parti comuni dell’esistenza.

Esiste però un confine dell’io oltre il quale non è possibile che entri il tu: si parla dei fenomeni di identificazione ( quando un io tende ad identificare appunto se stesso nell’altro) e di alienazione ( fenomeno per il quale addirittura un io perde se stesso nell’altro), due tendenze negative che non tengono conto del naturale limite-confine da porre in qualsiasi tipo di relazione sociale.

La terapia gestaltica è considerata da Perls come uno dei tre tipi di terapia esistenziale: la prima è quella logoterapica di Frankl, la seconda quella esistenziale di Binswanger e la terza appunto quella gestaltica, sebbene risulti essere la sola forma di filosofia che non ha necessità di alcun altro supporto se non di se stessa. Essendo l’organismo un sistema basato sull’equilibrio, dunque la patologia si ha quando si perde questa condizione di sostanziale bilanciamento: a questo punto si deve lasciare quanto più possibile l’organismo libero di migliorare se stesso e di risolvere i suoi problemi.

Anche la semplice interferenza dovuta ai doveri imposti dalla società fa si che l’organismo in questione non viva in una condizione di stabilità. La sola forma di controllo è quindi la situazione: sarà questa, la condizione nella quale di volta in volta l’individuo viene a trovarsi, a far sì che l’organismo acquisisca autonomamente la capacità di auto-migliorarsi e di imparare semplicemente a vivere.

Affinchè l’organismo viva in una condizione quanto più possibile di stabilità e libertà si deve tenere ben presente la questione del bisogno da cui nasce la necessità di trovare un fine, una meta per raggiungere la quale si deve necessariamente utilizzare dei mezzi: questi sono assai meno importanti del fine stesso poiché variano appunto in base alle situazioni e sono mutevoli.

Altra tematica fondamentale per la comprensione dei meccanismi che regolano la terapia gestaltica, è quella della maturazione, tema fortemente legato a quello dell’apprendimento.

La maturità è per Perls un processo che porta continuamente all’evoluzione e alla modifica di sé: se per Freud il disturbo del nevrotico dipendeva da qualcosa accaduta nel passato, e dunque l’interesse della psicoanalisi si fondava sulla ricerca del perché , parlando in termini di processo Perls sposta l’interesse sul come, cioè sul modo in cui accade una certa cosa, e di conseguenza ciò che per lui conta è ciò che succede adesso.

L’apprendimento nasce dallo scoprire, non semplicemente dall’apprendere, una realtà che può portare l’individuo alla crescita ed al miglioramento di se stesso.

A questo punto si può definire la maturazione come la capacità, acquisita nel tempo dall’essere umano, di diventare completamente indipendente dal sostegno dell’ambiente fino all’autosostegno: il bambino non ha scelta, dopo i primi mesi in cui respira nella pancia della madre, deve imparare a respirare autonomamente, senza altri condizionamenti esterni.

Nonostante questo discorso sembri assai semplice, non è facile nella società di oggi che l’individuo medio riesca a districarsi completamente dalle implicazioni che l’ambiente esterno impone: la società propone, o meglio impone, dei modelli da seguire, al di là dei quali si è considerati in errore. È per questa ragione che l’individuo si adatta alla società e all’ambiente nel quale vive e non riesce, nella maggior parte dei casi, a liberarsi completamente di tale condizionamento.

Quando l’individuo comprede di essere scisso tra il proprio desiderio di libera espressione del proprio essere e le richieste della società nella quale egli vive si ha la condizione di insicurezza, ansia  e incapacità di ritrovare quell’equilibrio e quella stabilità originaria.

Ci si pone dinanzi a due possiblità: l’aspettativa catastrofica, la quale prevede che l’organismo sente di rimanere isolato dal resto del mondo se non metterà da parte se stesso per entrare nei modelli imposti e l’ipnosi, ossia la decisione di lasciarsi completamente incantare, ipnotizzare appunto, dalle norme che dovranno necessariamente condizionare il resto della vita dell’individuo.

L’esperienza risulta allora falsificata, si cade nella spersonalizzazione dell’io: la manipolazione dell’ambiente attuata impersonando certi ruoli, è la caratteristica tipica del nevrotico, dell’immaturo, di colui il quale non riesce ad essere libero e quindi si lancia nell’impresa di manipolare attraverso la propria finzione l’ambiente circostante.

Lo scopo, il fine del terapeuta è quello di far sì che il cliente possa giungere all’autosostegno e, per raggiungere questo scopo, deve fornire al cliente appunto l’occasione in cui la persona possa crescere: egli deve comprendere che non è necessario l’intervento del terapeuta, che può farcela  da solo, che tutte le energie sprecate nel tentare di manipolare il mondo possono essere invece impiegate  nel realizzare il proprio potenziale.

La terapia cerca dunque di recuperare le parti ripudiate della propria personalità fino al punto in cui la persona possa essere in grado di imparare a riconoscere le proprie mancanze e curare da sé le proprie ferite, senza ricorrere all’espediente temporaneo ed insolvente della fuga dal qui e adesso.

Importante a questo punto è comprendere cosa sia l’ora, il presente. La psicologia ha sempre tentato di legittimare e divincolare dalle proprie responsabilità i propri pazienti rivolgendo la colpa di ogni nevrosi dell’individuo a traumi del passato.

Ma cosa è in realtà il passato? Esso non è altro che il ricordo ora, nel presente, di ciò che è accaduto di già e che quindi non ha alcuna ripercussione attuale.

Si tratta di un blando tentativo di nascondere le responsabilità personali attribuendole ad altro da sé. La vera essenza della teoria della terapia gestaltica risiede quindi nella comprensione del senso del termine ora  e del come: l’ora rappresenta l’equilibrio dell’essere, tutto ciò che esiste, mentre il come comprende il processo in corso, tutto quello che è struttura, che sta veramente avvenendo.

Per arrivare alla conoscenza di sé e dell’altro è necessario che vi sia la consapevolezza appunto di sé e dell’altro: la comunicazione prevede che ci sia chi trasmette  un messaggio ma anche chi lo riceva, che cioè sia pronto  ad ascoltare, senza l’interferenza di ulteriori domande, senza la deviazione di quei perché che non danno modo al trasmettitore di esprimere a pieno se stesso e la propria forma di comunicazione.

L’uomo è però destinato ad una perenne e dolorosa scissione tra la sanità, intesa come situazione si stabilità emotiva, nella quale l’individuo riesce senza sforzo alcuno a rimanere in contatto con l’ora, con il presente e con l’azione attuale, e la pazzia, intesa come condizione nella quale l’individuo vive nel maya, cioè in una sorta di fantasia, illusione, al di là di ogni realtà. Con il termine maya si intende la mente, l’aspetto fantasioso dell’esistenza umana.

L’uomo vive su due livelli, quello pubblico, osservabile e verificabile basato sull’agire, sul fare; e quello privato, quello nel quale ci si prepara ai ruoli che nella società si vorranno recitare in futuro.

In conclusione la consapevolezza quindi comprende tre momenti:

  • il momento della consapevolezza di sé
  • il momento della consapevolezza del mondo
  • il momento della consapevolezza di ciò che si trova tra il sé e il mondo, della zona intemedia della fantasia.

La grande scoperta sta nel fatto che tra noi ed il mondo vi è un qualcos’altro, quello che Freud chiama complesso e che Perls definisce invece pregiudizio: sono di fatto i pregiudizi che, interferendo tra l’individuo e il mondo circostante, non consentono che il primo osservi la realtà con serena obiettività essendo sempre condizionato.

Ciò causa quella sensazione di angoscia nell’individuo, cioè di tensione tra l’ora e il poi che sfocia nel senso di colpa, inteso come forma di rancore proiettato, cioè di rancore rivolto verso qualcun altro che si vorrebbe punire in qualche modo.

Vi è poi la possibilità che si scambi la fantasia per la realtà, è il caso della psicosi; quando invece maya viene integrata perfettamente nella realtà si ha la manifestazione artistica: la fantasia può infatti essere creativa, sempre che rimanga nell’ambito della spontanerità e dell’immediatezza.

A questo punto della dissertazione risulta indispensabile una valutazione attenta su cosa si intenda per nevrosi.

Essa è considerata da Perls divisa in cinque livelli:

  1. livello dei clichè: quello che prevede una comunicazione basata esclusivamente su frasi stereotipate
  2. livello Freud: quello in cui si recita una parte per ottenere una migliore accetazione da parte dell’altro o per sentirsi protetti dal ruolo interpretato.

Questi sono definiti livelli del come se, sono di fatto quei livelli superficiali dell’esperienza di comunicazione.

  1. livello sintetico: quello in cui l’ individuo si trova in bilico tra l’esistenza e l’anti-esistenza ed in questo caso prevale la seconda sulla prima provocando l’atteggiamento fobico e di fuga.
  2. livello di morte o implosivo: quello della paralisi dell’azione derivante dalla presenza di forze contrapposte che scindono il soggetto.
  3. livello esplosivo: una volta avvenuta l’implosione si ha l’esplosione ossia la liberazione del soggetto, la quale può a sua volta essere:
  • di dolore
  • dell’orgasmo
  • di rabbia
  • di gioia.

Ogni indivisuo per entrare in contatto con il mondo possiede due sistemi.

Il primo è detto sistema sensorio, il quale serve all’orientamento e stabilire il contatto con il mondo; il secondo è invece il sistema motorio, quello con il quale il soggetto affronta il mondo ed agisce su di esso.

La persona sana deve possedere un perfetto equilibrio dei due sistemi, in caso contrario si avrà la schizofrenia- mancando l’azione- oppure la paranoia- mancando la sensibilità.

A questo punto il testo comincia una lunga ed efficace dissertazione sulla terapia gestaltica legata al sogno.

Perls considera il sogno infatti “ l’espressione più spontanea dell’esistenza dell’essere umano”. Il sogno è un messaggio esistenziale in cui sono contenuti in modo frammentario varie parti dell’individuo e attraverso il quale è possibile individuare le proprie esigenze attuali; esso fornisce la realtà che non si ha il coraggio di affrontare e che blocca l’uomo in un punto di impasse.

Perls poi attribuisce grande importanza ai sogni ricorrenti, spesso incubi.

In questo senso si differenzi molto dalla concezione di Freud riguardo alla coazione a ripetere: anche un sogno ricorrente e tendente alla ripetizione non è un meccanismo privo di via d’uscita, bensì è una gestalt incompleta, cioè un problema non ancora risolto  che emerge di volta in volta perché lo si possa affrontare.

La ripetitività dunque consiste nel tentativo di riportare in superficie una questione irrisolta, riconoscerla e riuscire a farla retrocedere sullo sfondo.

I sogni ripetuti così come gli incubi sono considerati da Perls messaggi di avvertimento che sebbene tormentino l’individuo in questione, tentano ad una visione più profonda, di spronarlo a prendere coscienza del problema in modo che affrontandolo egli possa crescere. Mentre quindi  Freud riteneva che questo meccanismo conducesse alla pietrificazione del soggetto, al contrario il nostro considera tali sogni i soli che rivelino chiaramente un problema non risolto ma comunque facilmente individuabile.

Il tema della frustrazione viene affrontato da Perls il quale per introdurlo spiega il significato dell’impasse: cioè della situazione in cui non è possibile ricevere alcun aiuto dall’ambiente poiché non è più adeguata la propria modalità di interazione con la realtà né tantomeno il modo di ottenere gratificazione e di soddisfare i propri bisogni.

L’individuo si trova a questo punto dinanzi ad un bivio e può decidere o di mettere in atto sue altre potenzialità, o di rimanere in una condizione paralizzante di inattività.

Come un bambino che per crescere deve necessariamente ed inevitabilemente superare le difficoltà che gli si presentano nelle diverse tappe della vita poiché, se anche qualcuno agisse per lui, non farebbe che renderlo insicuro e ritardare la sua crescita e lo sviluppo delle sue potenzialità.

La frustrazione sotto quest’ ottica è di fatto una condizione addirittura positiva, indispensabile per la crescita, senza la quale il soggetto non  si sente spinto a  mobilitare le proprie energie per realizzare i suoi bisogni.

Il momento centrale di una terapia è proprio quello dell’impasse, attimo in cui il cliente deve decidere di liberarsi dai legami che lo hanno costratto sino a quel momento e riprendere il percorso di sviluppo di sé.

Si manifesta a questo punto il processo di manipolazione, ossia vengono messi in atto degli stratagemmi atti ad ottenere degli aiuti  da parte dell’altro che verrà usato per i propri scopi: si tratta del momento in cui l’uomo finge di essere sciocco ed incapace semplicemente per evitare di affrontare la realtà.

Non sempre anche chi mette in atto tali meccanismi agisce in modo consapevole e cosciente, pertanto si potrebbe continuare per tutta la vita ad agire secondo questi schemi senza mai comprenderne effettivamente il funzionamento.

Se poi per Perls il nevrotico è colui il quale non riesce a vedere ciò che invece appare come ovvio, l’intervento gestaltico ha lo scopo di ripristinare il contatto ormai perduto con la realtà: la terapia gestalt è quindi considerata come la terapia del contatto con l’ovvio.

Il terapeuta parte dal presupposto che, qualsiasi cosa il cliente si aspetti da lui, potrebbe ottenerlo anche autonomamente, senza necessità del suo aiuto: lo scopo della terapia è quello di mettere il cliente nella condizione di comprendere, superato l’impasse, che può risolvere il problema soltanto analizzandolo e prendendone coscienza da sé.

La tecnica che Perls mette in atto quando lavora con i sogni è quella dell’identificazione con i vari frammenti  e parti del sogno stesso.

Egli, considerando il sogno come un messaggio esistenziale, individua proprio in esso la possibilità di scoprire le parti mancanti della personalità: nel sogno è presente  tutto il materiale necessario per lavorare su aspetti  dell’individuo, della sua personalità  e delle sue difficoltà attuali.

Se chi sogna si identifica con ogni frammento del suo sogno, è possibile che egli recuperi ciò che aveva precedentemente perduto, tutte le parti mancanti, ogni insoddisfazione.

Analizzando il sogno infatti l’individuo prende consapevolezza  dei suoi spazi vuoti, delle situazioni che si tende ad evitare, solo allora si potrà guadagnarne in vitalità. In tal modo tutte quelle attività che impegnavano inutilmente molte delle energie del soggetto, potranno essere sostituite da altre più interessanti: dalla noia si passerà quindi alla piena attività. Lo scopo della terapia  è far assimilare al soggetto le sue parti espropriate in modo che questi possa integrare  i suoi aspetti contrapposti.

I mezzi per raggiungere tale scopo sono molteplici e Perls ne analizza le modalità : si deve diventare uno degli elementi del sogno per poi intrecciare un dialogo tra le parti contrapposte.

 

Le riflessioni e la concezione che sottostanno a questo tipo di intervento e le stesse modalità e tecniche utilizzate da Perls danno ampio spazio alla libera azione della creatività dell’individuo, facendo ricorso in modo assai positivo ed ottimistico anche alle sue risorse e potenzialità di base, quelle stesse che, nel corso delle sedute di counseling, l’indivisuo stesso deve far emergere con l’aiuto e seguendo la guida e la conduzione del proprio counselor.

Ogni uomo possiede risorse e potenzialità inimmaginabili a maggior ragione nei momenti di sconforto, quando appunto egli si rivolge al counseling per prendere coscienza e risolvere il problema che gli impedisce di vedere qualsivoglia aspetto positivo nella propria vita.

È solo quando il cliente riesce a rendersi conto appunto della grandezza delle proprie capacità che si accorge di poter sfruttare le immense capacità che lo caratterizzano, la sua forza vitale, di poter finalmente realizzare se stesso, autonomamente nella società nella quale si sentiva precedentemente solo come una presenza, un ruolo da interpretare.

È in questo senso che ritengo la terapia gestaltica un mezzo efficacissimo per la crescita spirituale e morale della persona che si scopre così individuo agente e non colui che subisce passivamente; egli impara ad accettare il suo stato di continua crescita ed evoluzione, a scoprire incessantemente i propri bisogni e a rispondere adeguatamente ad essi in libertà d’azione e in piena coscienza.

Il fine ultimo dell’applicazione della terapia gestaltica è per Perls il diventare altro rispetto all’individuo insicuro di partenza, sempre dopo essersi posti dinanzi alla responsabilità della propria esistenza, dinanzi a se stessi.

Per responsabilità Perls intende la capacità di rispondere a se stessi, alle proprie esigenze, non come un dovere nei confronti di qualcun altro.

Solo in tal senso si comprende la funzione che l’autore attribuisce al terapeuta-counselor, quella di aiutare il cliente a prendere consapevolezza della condizione presente, cioè del qui ed ora, e di annientare ogni tentativo di fuga o allontanamento dalla realtà.

Il counselor dovrà resistere ai tentativi del cliente di sviare e mancare il tiro e dovrà ricondurlo sulla via della realizzazione del sé senza più sfuggire.

Perls, nel sottolineare che il tutto è differente dalla somma delle sue parti, identifica la gestalt come il mezzo per comprendere un comportamento e, oltre che analizzarlo, averne una visione di sintesi, ovvero cercare di percepirlo nell’insieme del contesto globale nel quale esso si inserisce.

Ogni indivisuo è costantemente attaccato da una serie di stimoli ed il sistema percettivo ne seleziona solo alcuni organizzandoli in strutture significative: la persona quindi percepisce se stesso e il mondo che lo circonda come il risultato di un insieme di stimoli selezionati appunto dalle proprie percezioni, le quali costruiscono una figura definita rispetto ad uno sfondo indifferenziato.

Dunque gli stimoli non sono percepiti in modo disgiunto ma vengono organizzati in modo da rispondere alla necessità di costruire significati basati sull’esperienza percettiva dell’ambiente.

L’osservazione dei singoli fenomeni deve evitare di interpretare i significati dei singoli elementi, preferendo una descrizione accurata dell’insieme nella sua forma complessiva.

In questo senso il significato che emerge in conclusione dell’osservazione risulterà essere molto più preciso e profondo della semplice somma delle analisi delle singole parti del sistema: in questo è evidente il legame tra la terapia gestaltica e le correnti filosofiche esistenziali e fenomenologiche.

Perls ha sviluppato in pieno questo principio ed ha quindi il merito di averlo applicato alla terapia del counseling, comprendendo che il paziente ha necessità di sperimentare l’ambiente per costruire i suoi significati e la terapia deve consistere quindi nell’analisi della struttura interna dell’esperienza reale, al fine di accrescere la coscienza e la consapevolezza di questo processo.

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