Perls incontra Gloria

(di A. Vece)

La prima volta che sono salito in auto al lato guida, credevo di poter praticamente guidare perché teoricamente potevo perfettamente farlo…ma non è stato così!!! Mi sono subito reso conto che avevo bisogno di sapere come funziona un’auto. La volta successiva sono salito nuovamente, ma al lato passeggero e ho osservato come si guida e ho imparato come funziona la guida. Solo dopo aver imparato questo sono tornato dall’altro lato e ho fuso la teoria con la pratica con il risultato che ha portato all’obiettivo cercato: SAPER GUIDARE. Ecco! ascoltare il docente, leggere i libri consigliati e la sensazione di credere di poter praticamente applicare la terapia della Gestalt perché teoricamente potevo perfettamente farlo, mi ha risuonato come la prima volta al lato guida. Poi ho trovato questo video Fritz Perls & Gloria (1965) [guarda qui] e mi ha risuonato la sensazione avuta al lato passeggero perché ho imparato come funziona la terapia della Gestalt, posso dire adesso che QUI e ORA è giunto il momento di ripassare al lato guida e fondere la teoria con la pratica con il risultato che porterà all’obiettivo cercato: SAPER VEDERE LA GESTALT RILEVANTE EMERGERE E TRATTARLA NEL QUI E ORA. Sono sicuro che questo filmato possa aiutare a fondere la teoria e la pratica a tutti coloro che possono teoricamente sapere ma praticamente ancora non sanno di non sapere (anche i non patentati!!!)

Alessandro Vece

Terapia della Gestalt - Incontro con Gloria

(seduta fedelmente trascritta, dell'incontro tra Fritz Perls e Gloria. Di Alessandro Vece 2015)

L’esperienziale si svolge in tre fasi:

nella prima F. Perls presenta l’incontro e le tecniche che vuole applicare :

PERLS: «Sto per intervistare una paziente e desidero darvi uno sguardo di come funziona la terapia della Gestalt. La terapia della Gestalt lavora su un’equazione, la CONSAPEVOLEZZA è uguale al TEMPO PRESENTE che è uguale alla REALT À.  In contrasto con la psicologia del profondo, la Gestalt si occupa di prendere l’ovvio dalla superficie della situazione che noi stessi incontriamo e di sviluppare la FORMA che emerge strettamente sulla base della relazione IO-TU e del QUI-ORA. Ogni fuga, verso il futuro o verso il passato, viene esaminata come una RESISTENZA contro l’incontro che si sviluppa nel momento presente. L’uomo moderno ha alienato, ha rinunciato a gran parte del suo potenziale tanto che la sua capacità di rapportarsi con la sua esistenza è stata severamente compromessa. Il mio scopo è il seguente: il paziente deve recuperare il suo potenziale perduto, integrare le sue polarità in conflitto comprendendo la differenza tra giocare un gioco, specialmente i “giochi verbali” da un lato e la differenza tra questi giochi e il comportamento autentico, dall’altro lato. La guerra civile del conflitto interiore, debilita l’efficienza e il confort del paziente però ogni bit di integrazione lo fortifica. Ora, nella sicura emergenza della situazione terapeutica, RIPETO nella sicura emergenza della situazione terapeutica il paziente inizia a prendersi dei rischi e trasforma le sue energie dalla manipolazione dell’ambiente per ottenere sostegno, a uno sviluppo sempre più grande di “auto-sostegno” e impara a fidarsi delle sue proprie risorse. Questo processo è chiamato MATURAZIONE. Una volta che il paziente apprende a camminare con le proprie gambe, emozionalmente, intellettualmente ed economicamente, la sua necessità di terapia collasserà, si risveglierà dall’incubo della sua esistenza. La tecnica di base è la seguente: NON nell’esplicare le cose al paziente, ma nel creargli le opportunità per comprendersi e scoprirsi da solo. A tale scopo io manipolo e frustro il paziente in tale maniera che egli debba confrontarsi da solo e in questo processo identifichi il suo potenziale perduto, per esempio, assimilando le sue proiezioni attraverso il TIRAR FUORI le parti alienate di se stesso. Principalmente io considero che qualsiasi interpretazione sia un errore terapeutico e questo implicherebbe che il terapeuta comprendesse meglio il paziente più del paziente stesso e privandolo così dell’opportunità di scoprirsi da solo e per se stesso e impedendogli di incontrare i suoi propri valori e stile. D’altra parte, io scarto la maggior parte del CONTENUTO di quello che il paziente dice e mi concentro soprattutto nel livello non verbale, perché questo è quello meno soggetto all’auto inganno. A livello non verbale la Gestalt rilevante emergerà sempre e potrà essere trattata, nel QUI e ORA.»

Nella seconda parte avviene il colloquio con Gloria:

«GLORIA: Faremo un’intervista di mezz’ora, tra le altre cose sono impaurita.

PERLS: Dice che è impaurita, però sta sorridendo, non capisco come lei possa essere impaurita e sorridere nello stesso tempo!

G: E mi sento anche diffidente nei suoi riguardi, credo che capisca molto bene che….quando ho paura rido per nascondere che sono impaurita!

P: Ahah! Quindi è un metodo di scena.

G: Beh non lo so! Principalmente sono cosciente di lei, ho paura che lei mi attacchi direttamente e che mi metta all’angolo e questo mi mette i brividi, vorrei che lei fosse di più dalla mia parte!

P: Lei dice “che mi metta all’angolo” e si mette la mano sul petto. È là che si trova il suo angolo?

G: Beh si, è come quando ho paura capisce?

P: Dove le piacerebbe andare? Potrebbe descrivermi l’angolo dove le piacerebbe andare?

G: Certo…..è un angolo sicuro dove starei completamente protetta!

P: E in questo angolo sarebbe al sicuro da me?

G: Beh non realmente. Beh talvolta sì!

P: Lei si trova in questo angolo. Ora è totalmente sicura. Cosa fa in quest’angolo?

G: Semplicemente mi siedo.

P: Si siede e basta!

G: Sì!

P: Per quanto tempo resterà lì seduta?

G: Non lo so, però è buffo che lei faccia riferimento a questo, perché mi ricorda quando ero una bambina. Tutte le volte che mi sentivo spaventata, mi sentivo meglio a star seduta in un angolo, così come quando ero in panico!

P: Ma ora lei è una bambina?

G: Beh no, però la sensazione è la stessa!

P: È una bambina?

G: Questa sensazione me lo ricorda!

P: È una bambina?

G: No. Nooooo. No!

P: Finalmente! Quanti anni ha?

G: Ho trent’anni…

P: Quindi non è una bambina!

G: No!

P: Quindi lei è una donna di trent’anni che si spaventa con un tipo come me!

G: Non saprei. Beh, sì, sì ho paura di lei, certo! Mi sento molto sulla difensiva con lei!

P: Ma cosa potrei farle?

G: Lei non può farmi niente, però posso sentirmi stupida perché non ho le risposte corrette!

P: E cosa le succederebbe nel sentirsi sciocca e stupida? Che cosa le succederebbe? Me lo lasci dire così: che cosa farebbe A ME se LEI si comportasse da sciocca e stupida?

G: Beh, la renderei più intelligente e la metterei in posizione più elevata della mia e quindi tenderei a vederla verso l’alto perché sarebbe più intelligente!

P: Sì, sì e farmi zittire bene!

G: No….credo che questo lo possa fare da solo!

P: Io credo che sia il contrario. Se si atteggia a sciocca e stupida mi forza ad essere più esplicito!

G: Questo mi è stato detto prima, però non lo credo!

P: Che cosa sta facendo ora con i suoi piedi?

G: Li sto facendo ballare! (….ride….)

P: E ora qual è la barzelletta che fa ridere!

G: No, sono solo timorosa perché lei si sta impicciando di tutto quello che faccio!!! Cavoli!

P: Non desidera che noti tutto?

G: Sì, voglio che mi aiuti a sentirmi più rilassata. Non voglio stare sulla difensiva con lei! Non mi piace sentirmi sulla difensiva! Mi tratta come se fossi più forte di quello che sono mentre vorrei che mi proteggesse e che mi trattasse meglio!

P: È cosciente del suo sorriso? Lei non crede a nessuna parola di quello che sta dicendo!

G: Sì ci credo invece, ma è lei che mi molesta per tutto quello che dico!

P: Per forza, lei si sta comportando come una FALSA!

G: Veramente lei crede quello che mi sta dicendo?

P: Certo. Dice di essere timorosa ma al tempo stesso ride e si agita! È tutto falso! Lei sta recitando una commedia davanti a me!

G: Questo mi offende moltissimo!

P: Lo può esprimere?

G: Sì, certamente sì! Io non sono assolutamente falsa! Io posso ammettere questo: mi costa molto mostrare il mio imbarazzo e detesto essere imbarazzata, però mi offendo quando dice che sono una falsa solo perché rido quando mi sento umiliata o quando mi si mette in un angolo. Questo non significa che sono falsa!

P: Bellissimo! Grazie! Lo ha fatto molto bene in quest’ultimo minuto!

G: Guardi…..è che sono adirata con lei!!!

P: Ecco è questo. Non era necessario coprire la sua rabbia con un sorriso! In questo ultimo minuto non è stata falsa!

G: Beh, ora sono adirata non mortificata!

P: Quando è arrabbiata non è falsa!

G: Sono offesa lo stesso!

P: Lo faccia ancora quel gesto!

G: Non sono falsa quando sono nervosa!!

P: Un’altra volta!

G: Vorrei arrabbiarmi con lei. Lo sa che cosa mi piacerebbe fare?

P: IO, io, io, io…

G: Vorrei che lei fosse al mio livello, così potrei molestarla così come lei molesta me!

P: Ok, mi molesti!

G: Devo aspettare che dica altro per molestarla! (…fa un gesto con le braccia in avanti…)

P: Che cosa significa questo? Può sviluppare questo movimento?

G: Faccio questo perché non trovo le parole!

P: Lo sviluppi come se stesse danzando!

G: Voglio cominciare di nuovo con lei!

P: Va bene, ri-cominciamo…

G: Io so in quale angolo mi piacerebbe metterla. Mi piacerebbe farle una domanda, perché ho la sensazione di non esserle piaciuta fin dall’inizio e voglio sapere cosa fare!

P: Può ora interpretare Fritz Perls che non gli piace Gloria? Cosa direbbe?

G: Per incominciare direbbe che è una falsa.

P: Dica: “tu sei una falsa!”

G: “Tu sei falsa e sei e sei una bambina piccola e volubile, che vuole attirare l’attenzione su di sé”

P: E Gloria che direbbe in risposta a questo?

G: Io so che cosa direbbe, direbbe: “io penso che anche lei è un falso!”

P: Allora quindi me lo dica lei stessa, mi dica quanto sono falso. Dica “Fritz, lei è un falso!”

G: Falso non è la giusta parola, andrebbe meglio un “presuntuoso”, dal momento che sa tutte le risposte e io vorrei che lei fosse più umano e questo non mi sembra essere molto umano. Sapere tutte le risposte non è molto umano!

P: Sapere le risposte non è molto umano?

G: Come si fa a sapere perché sto muovendo i piedi…o perché sto facendo così o cosà! E lei allora, perché sta facendo quello che fa?

P: Beh, siccome ho gli occhi posso vedere che sta battendo i piedi. Non mi occorre un computer per sapere che sta muovendo piedi! Che cosa c’è di straordinario in questo? Non debbo essere un genio per sapere che sta muovendo i piedi!

G: Lo so però sembra che stia cercando a tutti i costi una ragione per cui muovo i piedi!

P: Non lo sto facendo. È la sua immaginazione.

G: Ok, io so cosa voglio da lei, posso dirle cosa voglio da lei? (…si fa in avanti col corpo….)

P: Sì! (….si avvicina anche lui…..)

G: Voglio che lei sia cosciente che io sto muovendo i piedi e che sia consapevole di cosa faccio quando sono nervosa e che lo accetti invece di mettermi sulla difensiva dovendo spiegare per forza. Non voglio essere tenuta a spiegare il perché sto facendo queste cose???

P: Le ho chiesto io di spiegare?

G: Certo! Lei ha detto: perché? Cosa sta facendo?

P: No!

G: Sì! Muovendo i piedi.

P: Non le ho chiesto di spiegarlo. È  una sua immaginazione! Non è stato questo Fritz, è stato il Fritz della sua immaginazione, c’è una bella differenza!

G: …..(Gloria sospira)

P: Lo faccia un’altra volta.

G: ….(sospira ancora)

P: Un’altra.

G: …(sospira di nuovo)

P: Come si sente ora?

G: Non lo so..

P: Sta facendo la stupida!

G: Non sto facendo la stupida, è che non ho la risposta!

P: Ha detto: “non lo so”. Questo è fare la stupida!.......Ha fatto qualcosa ai suoi capelli ora! C’è qualcosa nei “miei” capelli con la quale lei ha qualche obiezione?

G: No!

P:No? Ok!

G: No! Però i suoi capelli e la sua figura si accordano bene con i sentimenti che ho avuto per lei all’inizio, quando mi sentivo intimorita da lei. Lei è il tipo di persona che sembra pretendere tanto rispetto e tanto…….

P: Utilizzi questo ruolo per quello che stava dicendo, faccia il ruolo di Fritz che pretende tanto rispetto!

G: Bene, lei sa che io sono intelligente, io conosco meglio la psicologia di quanto la conosca lei, Gloria! Quindi qualunque cosa io dica si presuppone sia corretta!

P: Può dire qualcosa del genere come Gloria? Dica qualcosa di simile come se fosse Gloria? Si comporti come se lei fosse Gloria! “IO pretendo rispetto perché…”

G: Non lo so. No. Lo identifico con mio padre, però non con me, io non esigo rispetto.

P: Lei non esige rispetto!

G: No!

P: Dovrebbe!

G: Certo, lo vorrei di più, mi piacerebbe che lei mi rispettasse di più!

P: Bene, quindi sta esigendo rispetto!

G: Va bene, sì. Se potessi avere rispetto da lei lo farei!

P: Lo faccia! Cosa le impedisce di farlo, tranne lei stessa?

G: Sì lo faccio mi metto in quest’angolo e lei lascia che mi soffochi e lei non mi aiuta neanche un po’ e io lo so che non posso mettermi alla sua altezza!

P: Cosa dovrei fare io quando lei è nell’angolo?

G: Spronarmi affinché mi rialzi e ne esca!

P: Ahhhh, lei non ha sufficiente coraggio per venire fuori da sola. Le occorre qualcuno che aiuti la signorina e la tolga dall’angolo!

G: Sì!

P: Quindi ogni volta che vuole che qualcuno le presti attenzione, lei va nell’angolino e aspetta che qualcuno la venga a salvare!

G: Sì, questo è esattamente quello che vorrei!

P: E questo è quello che io chiamo falso!

G: Prego?

P: Questo è quello che io chiamo falso!

G: Perché questo significa essere falsa? Le sto ammettendo quello che sono, perché ciò mi fa essere falsa?

P: Questo è falso, perché è un trucco, è una strategia. Andare a mettersi in un angolo e aspettare qualcuno che venga a salvarla!

G: Ma lo sto ammettendo, io so quello che sto facendo. Non sto facendo la falsa, non sto fingendo di essere molto coraggiosa! Mi offendo, sento quindi che se non sono forte e non me la cavo con i miei propri mezzi allora sono una falsa, questa è una menzogna. Sono altrettanto vera seduta in quell’angolo così come lo sono seduta qui!

P: Però lei non è seduta in quell’angolo!

G: Certo proprio ora no….E a parte questo, lei mi sta giudicando quando mi chiama falsa e io odio questo in tutti i modi!

P: Ora stiamo arrivando da qualche parte! Io chiamo falsa qualunque persona che mette in atto (recita). Se ti piace qualcuno e desideri incontrare questa persona vai da questa persona e le dici: “Mi piacerebbe conoscerti”: ecco io chiamo questo non-falso. Ma se vai in un angolo….uuuuu…..ad aspettare di essere salvata, questo lo chiamo falso!!

G: Comunque credo che lei stia giudicando. Sa cosa penso? Lei non si è mai sentito così nella sua vita, è sicuro che mai ha dovuto. Chiunque faccia tanto così lei lo giudica come falso, per questo mi offendo!

P: Bene, ora interpreti Fritz che giudica!

G: Sì lo sta facendo, seduto lassù sulla sua grossa sedia!

P: Dica: “sono Fritz e giudico”, giudichi me ora!

G: Non mi sento affatto vicino a lei dr. Perls! So che tutto questo è falso e che lei sta giocando un enorme gioco!

P: Certo che stiamo attuando dei giochi però in questi giochi sono state toccate certe sue parti sia ora che prima. Penso che l’ho ferita quando l’ho chiamata falsa!

G: Certo che mi ha ferito, è naturale!

P: E credo che ho toccato la parte giusta è per questo che lei si sente ferita!

G: Non so, quello che so è che quando mi sento con qualcuno così come mi sento con lei ora….è come se lei non provasse sentimenti!

P: Esageri questo. Quello che terminava di fare. Questo gesto. Mi parli così ora!

G: No non posso, sento che vuole ridere di me, vorrei che lei fosse più giovane di me per poter farla arrabbiare!

P: Quanti anni vorrebbe che io avessi?

G: La mia età, trent’anni.

P: Ok, io ho trent’anni, immagini che abbia trent’anni e ora mi inganni!

G: Ok, non sia tanto spavaldo, non sia tanto sbruffone. Non creda di essere tanto intelligente, non si atteggi ad essere così sbruffone. Non creda di essere tanto intelligente, non si atteggi ad essere così orgoglioso, solo perché non è mai stato in un angolo. Io credo che lei possa essere egualmente falso, andando in giro credendosi di essere tanto intelligente e che conosce tutte le risposte, uguale a me quando sto nel mio angolo! Oh mi piace molto il sentimento che lei sia più giovane di me, mi piace come si sente, mi piace così imbarazzato!!!!

P: Molto bene, mi imbarazzi!!!

G: Lei non si imbarazza, sembra che non gli importi niente!

P: Me lo dica, mi imbarazzi, mi dica come sono vecchio e brutto!

G: Lei non sembra vecchio e brutto, ma sembra ben distinto e questo gioca a suo favore!

P: Bene Gloria, possiamo essere d’accordo almeno su una cosa: abbiamo avuto un bel combattimento!

G: No, no, no! Io non credo che lei stia combattendo con me!

P: Però sento che lei si è animata un poco!

G: Sì, sono arrabbiata con lei!

P: Eccellente, meraviglioso!

G: Ma lei sembra così distaccato, non sembra che le importi che io sono arrabbiata con lei. Io sento che lei non mi riconosca affatto, per niente, dr Perls!

P: Questo è abbastanza vero, certo il nostro contatto è troppo superficiale per coinvolgerci in ciò che mi importa. Quello che mi importa di lei è in quel che sente in questo momento come mia cliente. Mi importa di lei fino al punto, come un artista, di desiderare di portare fuori ciò che è nascosto in lei! Questo è il grado di importanza che le riconosco!

G: Bene, se io dovessi andare via in questo momento sarebbe frustrante, mi sarebbe piaciuto avere un po’ più di contatto con lei, mi sembra di stare parlando con un bambino piccolo che non mi capisce o quasi! Sento che non abbiamo avuto un minimo contatto e questo mi frusta! Questo mi infastidisce di più che l’essere arrabbiata con lei. Preferirei essere arrabbiata e combattere che non aver contatto. E..si! Questo mi ricorda quando io e mio marito litigavamo. Si sedeva e ascoltava però sembrava come se non fosse cosciente di quanto lo odiassi e di quanto furiosa fossi. Avrei preferito piuttosto smuoverlo fino a che mi odiasse o qualcosa del genere. E sento che lei sta di proposito mantenendo un atteggiamento di distanza con me!

P: Come dovrei essere? Mi dica la sua fantasia! Come potrei condividere le mie preoccupazioni con lei?

G: Non so come dirlo a parole. Conosco la sensazione che vedo in lei. È  una sensazione come…non lo so. È come se volessi che mi rispettasse di più come un essere umano che ha dei sentimenti!

P: Ora quindi ritorniamo al principio. Quindi lei vuole rispetto!

G: Sì lo voglio! È un rispetto diverso da quello che chiedevo all’inizio….

P: Certo, però lei vuole rispetto!

G: Sì!

P: Io la rispetto molto come essere umano, tanto che non voglio accettare la sua parte falsa. Mi interessa la parte genuina e ora durante gli ultimi minuti, lei è stata meravigliosamente genuina e non stava più recitando. Può vedere la verità che la feriva!

G: Beh, non credo di avere il diritto, quando qualcuno non mi piace o sono in disaccordo con qualcuno, se è un mio superiore o sta sopra di me, di dirgli quanto sono molesta!

P: Questa è spazzatura. Un’altra volta bla bla bla… E ritorna nel suo angolino sicuro!

G: Certo questo è come mi sento nell’angolo!

P: Allora si tolga dal suo angolo sicuro, tra poco dobbiamo terminare. Già vedo che cos’è il suo angolo sicuro. Lo ha lasciato per un attimo e così mi ha davvero incontrato, ha potuto arrabbiarsi un po’ con me!

G: Io sento che lei mi sta dicendo che l’unico modo per avere il suo rispetto è se sono aggressiva, possessiva e forte! Sento che avrei terrore a piangere di fronte a lei! Sento che riderebbe di me e mi chiamerebbe falsa! Sento che lei non accetta il mio lato debole. Solo quando le sto gridando o l’attacco mi accetta!

P: Lei dovrebbe piangere davanti a me!

G: Di certo non le darò questa soddisfazione!

P: Lo dica ancora un’altra volta!

G: No!

P: Lo dica ancora!

G: Proverei a non piangere davanti a lei o mostrare il mio lato debole per paura che lei mi aggredisca di nuovo!

P: È cosciente che i suoi occhi sono umidi?

G: Sono cosciente che mi sento con un cappio al collo!

P: Potrebbe impiccare me?

G: Per finzione, ma non realmente!

P: Perché non realmente?

G: Perché non la odio così!

P: Vorrebbe che la impiccassi io perché non piange?

G: Se volessi impiccarla sarebbe per farla piangere. Mi piacerebbe vederla debole, dolorante e vulnerabile!

P: Cosa farebbe questo per lei?

G: Mi farebbe sentire di avere più diritto di ferirla, in questo modo lei non si avventurerebbe sopra di me così rapidamente!

P: Balzerebbe lei su di me se io piangessi?

G: No!

P: Però io lo farei. È sicura di questo?

G: No non sono così sicura!

P: Cosa le piacerebbe che io facessi se lei piangesse?.....ah, ah sta sorridendo, sta sorridendo!

G: Sì è perché ho dei sentimenti! Uno di questi è che mi amasse e che mi abbracciasse, però subito penso, no no non lo voglio!

P: Qual è la sua obiezione?

G: Mi farebbe paura essere vicino a lei!

P: Ora sì, stiamo arrivando a qualcosa! Prima vuole stare vicina a me e ora ha paura di starmi troppo vicina!

G: È quello che sto dicendo, ma….

P: Giusto, ora abbiamo i due poli della sua esistenza!

G: Però sono due sentimenti differenti. Vicina emozionalmente, non fisicamente!

P: Sì, comunque in tutti i modi stiamo parlando dei due poli della sua esistenza ora. Essere lontana nell’angolo oppure essere tanto vicina da fondersi con l’altra persona. Apparentemente lei è intrappolata in queste due estremità!

G: Sì, lo so! Sa cosa sto pensando? Quando io mi sento realmente ferita e quando sono realmente contrariata per qualcosa e desidero che qualcuno mi ami, come una mia amica che mi abbraccia e io non voglio che lo faccia!

P: È esattamente questo ciò di cui sto parlando. Lei non riesce a sostenere il contatto. (Ok questa è spazzatura) di che cosa ha paura, di essere vicina alla sua amica o di lasciarla quando l’abbraccia?

G: L’unica cosa di cui sono consapevole è che se sudo mi vergogno che senta che sono bagnata e che tenga il mio corpo troppo vicino al suo, non saprei…

P: È cosciente della sua espressione facciale, come di schifo?

G: Sì, sì, lo so!

P: Faccia quel gesto ancora un’altra volta!

G: Uuaac stomachevole non mi piace! Semplicemente stucchevole! Non mi piace!

P: Me lo può dire a me? “Fritz lei è stucchevole!”

G: No!

P: No? Qual è la sua difficoltà?

G: Perché sento che se poi lei mi credesse veramente, andrei a ferire i suoi sentimenti!

P: Ahhhh, lei non deve ferire i miei sentimenti! Ma non pensava che io ero così tanto indifferente che non poteva scalfirmi, no? E ora all’improvviso ha scoperto un modo per colpirmi!

G: Bene, sa cosa credo? Credo che lei sia una persona come me, che si atteggia come se niente potesse colpire i suoi sentimenti, ma in realtà sì, sì! Può essere colpito. Si atteggia a forte, però realmente è anche morbido e vulnerabile dentro! Sì io credo che i suoi sentimenti possano essere feriti, certo! Però non credo che lo dimostrerà tanto facilmente!

P: Come farei? Come nasconderei i miei sentimenti?

G: Ribaltandoli su di me. Dicendo “allora Gloria che cosa ha ottenuto da questo?”. Mi ributta addosso a me invece di dimostrare quanto è ferito!

P: Ora lo può dire a Fritz? Gli dica: “che cosa ottieni da tutto questo Fritz?” Lo dica a me!

G: Che cosa ottiene da cosa?

P: Quello che ha appena detto, ripeta la frase!

G: Certo lo so io che cosa otterrà. Se io le dicessi “che cosa ottiene da tutto questo Fritz?” lei mi direbbe: “Niente! A me non disturba è stata lei che lo ha fatto!” lei non mi farebbe mai sapere che si sente ferito. Però io lo saprei se lei dimostra i suoi veri sentimenti: perché non vuole mostrarsi ferito e lo nasconde. La stessa cosa che faccio io nell’angolo!

P: Allora se io fossi ferito e cominciassi a piangere che cosa farebbe lei?

G: Non sarebbe tanto superiore a me, sarebbe più vulnerabile e io potrei calmarla e farla sentire meglio.

P: Mi potrebbe abbracciare?

G: Sì.

P: E io potrei essere il bambino!

G: Sì, sì questo mi piacerebbe. Lei sarebbe di più al mio livello e non dovrei sentirmi così sciocca davanti a lei!

P: E se fosse nell’altro modo? Quindi lei vorrebbe essere la mia bambina, lei piangerebbe e io dovrei confortarla e coccolarla e dirle “povera bambina”!

G: Sì anche questo….

P: Bene voglio dirle una cosa Gloria, credo che siamo arrivati ad una buona conclusione, arriviamo a capire qualcosa! Credo che possiamo concludere questa situazione adesso! Va bene?

G: Bene! »

Dopo aver salutato Gloria, nella terza parte conclude:

«Secondo la mia opinione la dimostrazione è stata compatibile con il mio impianto teorico. L’evitamento di un incontro genuino si è manifestato in TRE modi.

Il PRIMO è stato che la paziente stava tenendo il controllo attraverso il mostrare un sorriso sofisticato ed artificiale, indossando una maschera falsa, giustificandosi con la pretesa di essere intimorita e, al tempo stesso, fingendo di non intendermi perfettamente, fingendo di avere il completo controllo della situazione.

In SECONDO luogo lei si stava ritirando nel fantasticare di trovarsi chiusa in un angolo.

In TERZO luogo, stava bloccando un incontro autentico, che sarebbe stato il vero significato emotivo di questo incontro.

La paziente è stata capace di identificare se stessa con varie fantasie, che ha proiettato su di me. Ciò è stato specialmente evidente inizialmente riguardo alla sua necessità di essere rispettata. La necessità del supporto ambientale ha cominciato a manifestarsi assieme alla sua necessità di essere rispettata. È stato verbalizzato come un desiderio di essere amata e riscattata dal suo angolo, etc. Ho interrotto la sessione quando sono iniziate a comparire le prime lacrime e lei ha cominciato a giocare il ruolo di una bambina sola che apparentemente voleva essere abbracciata e consolata. Ma anche qui l’assimilazione delle sue proiezioni ha cominciato a lavorare e ha cominciato a sperimentare di sostenere me come un bambino. Modi per aiutarla ad assimilare alcune della proiezioni, il principale risultato terapeutico è stato quello di dimostrarle alcune delle sue inconsistenze del suo comportamento verbale e non verbale. Per esempio, dire di essere impaurita e sorridere al tempo stesso. Una persona impaurita non sorride! La sua paura era ben più correlata al suo disagio ed imbarazzo e questo disagio derivante dalla sua altezzosità e dalla sua rabbia. Per superare il disagio esistenziale dovremo tentare di lavorare per eliminare la falsità che è il luogo da dove, in maniera superficiale, possiamo assumere qualunque ruolo che abbiamo bisogno di assumere in una determinata situazione. Questo pseudo adattamento è un modo di far fronte alla vita. Questo è quello che io posso ricavare da questa sessione.»

 Alessandro Vece, counselor CIPA