L'importanza del proprio mestiere, quando si parla

Le parole giuste

(di S. Casimof)

 

"Come va con tuo figlio, Giovanni?" chiede Antonio al caro amico.

Giovanni abbassa il capo e solleva dimesso i sopraccigli come per separare le idee buone da quelle scadenti: "Non bene. Ha deciso di smettere di studiare e non vuole sentire ragioni. Mia moglie è disperata, lo sai da quale famiglia proviene…"

"Ti capisco, mio caro. Io ci sono passato"

"Ah, sì?" risponde Giovanni con interesse. "E… cosa avete fatto?"

"Abbiamo adottato una terapia d'urto! Abbiamo detto non vuoi studiare? Bene. Da domani lavori con me al forno. Dopo essersi alzato per una settimana alle quattro del mattino ha capito che era più comodo studiare" 

 "Tu pensi che ce la posso fare?" dice Michele guardando Anna per cercare conforto nella persona con più esperienza.

"Certo! Perché me lo chiedi?"

"Occorre considerare i fatti e fare un'analisi della situazione molto accurata per risolvere il problema del mio cliente. Non sono sicuro di avere le competenze per farlo. Forse sarebbe meglio se…"

"Ma cosa dici?" risponde Anna con fare materno e voce rassicurante. "È  vero. Fin'ora ti sei occupato solo di sviluppo, ma nel ciclo di vita del software non dimenticare che c'è una parte importante relativa all'analisi del problema del cliente. Ed è il momento che tu cresca professionalmente" Conclude Anna sorridendo.

 "E adesso perché piangi?" chiede Mario spazientito per l'ennesima scenata di Piera.

"Perché me lo sento. Non è vero che sei andato a cena con i colleghi ieri."

"Come fai a dirlo? Ti ho pure raccontato cosa ha mangiato ognuno di noi e com'era vestito il cameriere."

"Vedi? Prima mi avevi detto che era una cameriera. Menti! Lo sento da come ti trema la voce quando racconti una bugia. Lo vedo perché non hai il coraggio di guardarmi negli occhi! Dai. Nega se puoi"

Mario abbassa lo sguardo e conta fino a dieci prima di rispondere: "Stai interpretando, lo sai?" 

 Andrea entra nella sua stanza sbattendo con tanta violenza la porta che per lo spostamento d'aria volano via tutti i fogli dalla sua scrivania. Vania entra subito dopo con la faccia preoccupata. "Che succede, Andrea?"

Andrea si rende conto che forse ha esagerato nella sua reazione e cerca di recuperare con la sua segretaria. Del resto per governare un'azienda, anche se piccola come la sua, occorre tenere sotto controllo le emozioni. "Scusa Vania", dice mentre si china a raccogliere i fogli. "è che questo mese è la terza volta che mi rimuovono l'auto. Lo so che parcheggio male… però"

Vania sorride, come solo le mamme e le segretarie sanno fare e si china anche lei per aiutare il capo a rimettere in ordine fotocopie, post-it, e i numerosi appunti scritti su supporti improbabili.

"Lo so, lo so. Anche a me è successo. L'ultima volta per poco non mi è venuto un attacco di panico. Il vigile, quando ci ho parlato mi sembrava dissociato: prima diceva che avevo ragione, poi mi dava torto. È che il piano di rimozione del comune è finalizzato a fare cassa e non …". Vania non finisce la frese, gelata dallo sguardo severo di Andrea.

 

Sapete cosa hanno in comune questi tre piccoli racconti di vita quotidiana? Situazioni che in una vita a volerle ignorare non ci si riesce. Quei momenti in cui si discute, ci si confronta a prescindere dal lavoro o dalla professione che si svolge. Insomma storie di vita quotidiana che accomunano tutti i nostri Mario, Anna, Piera eccetera? Ma non tutti la pensano così. Alcuni ritengono che dietro la banalità di piccoli frammenti di buon senso, si possano nascondere attentati e frodi. Non vi sembra possibile? Allora vediamo cosa succede aggiungendo l'ultima parte dei dialoghi che ho omesso.

 

Giovanni guarda Antonio perplesso e anche un po' spaventato: "Ma Antonio! Tu sei un fornaio non uno psicologo! Non puoi usare la parola terapia!"

"Ma Anna!" esclama Michele sbarrando gli occhi. "Io ti sono grato, ma non voglio finire davanti ad un giudice per una denuncia! Io sono un semplice programmatore, non uno psicologo. Non posso fare analisi!"

Questa assurda gelosia ha fatto ormai stancare Mario che non ne può più. Forse, ripensandoci a distanza di qualche mese, adesso è pentito della sua azione eccessivamente forte. Ma doveva riuscire ad allontanarsi da lei o fare in modo che lei si allontanasse da lui. Piera continua a piangere senza dare l'idea di voler smettere. "Adesso basta! Tu non puoi interpretare le mie parole! Sei solo laureata in ingegneria. Adesso ti denuncio per abuso della professione di psicologo!"

"Vania!" grida Andrea tirandosi su di colpo. "Lo so che lavori per me da sette anni, ma questo non ti autorizza ad esprimerti in modo improprio. Se proprio vuoi utilizzare certe parole, oltre la laurea in Ingegneria e quella in Legge iscriviti a Psicologia."

Andrea si mette seduto scuotendo la testa ancora più furente mentre la sua segretaria esce dalla stanza con gli occhi lucidi.

"Incredibile", sussurra tra i denti allineando le numerose matite colorate che ha sulla scrivania.

Divertente, vero? Forse non tanto se pensate che è proprio così.

Io, da parte mia, ritengo vero che:

"Il valore delle parole è direttamente proporzionale al valore di chi le pronuncia",

ovviamente nel rispetto della legge; del buonsenso; delle norme non scritte; dell'etica professionale; del contesto in cui vengono pronunciate; del livello culturale; della sensibilità; della conoscenza; della capacità di comprenderle; delle persone a cui ci si rivolge; della cultura del posto; dei valori sia personali che sociali; della regole grammaticali, sintattiche e semantiche della lingua usata.

Ma soprattutto nel rispetto di se stessi.

Noi a Minsk abbiamo un detto che in italiano suona più o meno così:

"Con una parola si spiega un oggetto, con due un concetto, con tre un soggetto e con quattro si fa tanta confusione".

Non so se sia attinente e, a dirla tutta, non l'ho nemmeno mai capito bene, ma mi faceva piacere condividere, qui, un ricordo che avevo rimosso… Ops.

 


Sante Casimof, 

Counselor, fisico, direttore della Integrated Counselling School for Helping Profession di Minsk - Bielorussia