La Teoria del Campo e la Meccanica Quantistica

Il campo relazionale, la Teoria del Campo di Lewin e la Meccanica Quantistica

 (di S. Casimof)

Aldo si fidanza con Bruna che lo presenta alla sua comitiva di amici. Lui è simpatico, brillante e anche belloccio. Il gruppo si incontra spesso per giocare (dato che sono tutti appassionati di giochi di ruolo) e anche per passare le vacanze insieme. Carlo e Daniela, per motivi diversi, risentono di questa nuova entrata. Carlo è infastidito perché aveva delle idee su Bruna, Daniela invece, pende dalla labbra di Aldo e fa tutto quello che lui dice. Emma, Fabrizio e Giulia, gli altri tre del gruppo, sono contenti che sia arrivato Aldo, perché ora il gruppo è più vivace, si fanno cose e ci si annoia di meno. Da un altro canto (fin’ora non consapevolmente) risentono del clima non sempre sereno.

Aldo è una “particella” che ha alterato il “Campo Relazionale”. Chiaramente, essendo anche lui parte del campo, risentirà di questa perturbazione e si muoverà alla ricerca di un equilibrio: muterà atteggiamenti, si avvicinerà a qualcuno e si allontanerà da un altro, o farà uscire dal gruppo qualcuno –farà fare un salto quantico ad un’altra particella.

La teoria del campo di Lewin

Kurt Lewin nel 1940 tentò di applicare ai gruppi le stessi leggi che regolano la teoria del campo elettromagnetico di Maxwell. Secondo tale teoria le interazioni - perturbazioni del campo - dipendono dalle cariche elettriche in esso presenti. Inoltre il campo  non può essere osservato direttamente, ma solo inferito dal suo effetto sulle cariche.

Queste considerazioni permisero a Lewin di lavorare sulle analogie, considerando il gruppo come la risultante delle forze presenti nel campo stesso e non più come semplice somma delle caratteristiche psico-comportamentali dei singoli membri. Il gruppo viene così visto come un organismo, un’unica entità, che evolve, che subisce perturbazioni sotto l’interazione di forze: emotive, caratteriali, valoriali, date da credenze e potenziate dagli obiettivi. Forze dinamiche, interagenti e interdipendenti.

Lewin, credette molto alle affinità tra la sua teoria e quella di Maxwell, utilizzando anche formalismi matematici per illustrare le dinamiche che sorgono all’interno dei gruppi.  

La teoria dei gruppi

Il gruppo è un fenomeno e non una somma di fenomeni. È una unità che mostra bisogni che non sono direttamente riconducibili ai bisogni dei singoli. L’evidenza di ciò, come dice Douglas Hofstadter,  è che “…non si può comprendere un formicaio osservando il comportamento di una formica”; così come non si possono vedere gli alberi se si osserva un bosco. Fuor di metafora, ciò significa che non dobbiamo dimenticare che gli individui portano all’interno del gruppo ciò che sono, i loro valori, le loro paure, contribuendo a formare altri valori e altre paure: quelle del gruppo.

Da una parte si osserva il gruppo e si comprende come si muove e dove andrà, dall’altra si parla con i singoli componenti per correggere atteggiamenti, enfatizzare comportamenti positivi ed eliminare pensieri disfunzionali. Tutto al fine di cambiare il gruppo per migliorarlo. È ciò che in fisica si chiama il dualismo onda corpuscolo in cui si può esaminare il comportamento della luce utilizzando le leggi valide per un’onda elettromagnetica o quelle che si utilizzano per descrivere il comportamento di un insieme di fotoni.

La meccanica quantistica

Ma qual è il quanto che sta alla base del Campo Relazionale? Qual è il bosone di Higgs che determina le proprietà di ogni persona inserita in “quel” gruppo?

Proviamo a chiamare questa particella il “relazzone”, diciamo allora che, così come il fotone è il quanto del campo EM, il relazzone è il quanto del CR.

Le persone si muovono all’interno del CR modificando le proprie caratteristiche - compotamental i- poiché è il relazzone che ne determina la qualità.

Quando due o più persone entrano in relazione tra loro generano un campo. Non si tratta più dello stimolo-risposta di cui parla Berne, ma di una forza che agisce in un campo isotropo e non omogeneo ovvero dove non esiste una direzione privilegiata e le forze si propagano in maniera diversa.

Una coppia litiga alla fermata di un bus. La discussione si fa accesa e ora le altre persone alla fermata iniziano a incuriosirsi e ad ascoltare. Qualcuno si coinvolge, una ragazza ride e fa di gomito all’amica, un’altra coppia si guarda pensando che a loro non succederà mai perché il loro amore è più forte di qualunque diversità. Ad un certo punto lui dà uno schiaffo a lei e, quello che prima era un coinvolgimento passivo, ora diviene un’attivazione di gruppo. L’energia è aumentata permettendo ad alcune persone - particelle - di effettuare un salto -quantico- di consapevolezza. La relazione non è più quella a due della coppia che litigava, i relazzoni non si sono propagati da lui a lei e vice versa (nella direzione del vettore stimolo-risposta di Berne) ma si sono sparsi in tutte le direzioni allargando il campo relazionale e perturbando le persone prime vicine.

Inizia un moto browniano a livello di pensieri e di azioni. Il campo si allarga e si restringe facendo andar via delle persone e facendone entrare altre, creando interazioni tra alcuni o isolandone altri (che comunque. con la loro comunicazione non verbale, influenzeranno il campo relazionale).

Qui lo sperimentatore osserva cosa accade nel campo e al suo interno e indaga sulle caratteristiche di pensiero delle persone – proprietà delle particelle- in base alle relazioni che mettono in atto.

Una dinamica accesa o un conflitto all’interno di un gruppo, ha per un sociologo lo stesso effetto che per un fisico mandare a cozzare una contro l’altra particelle in un sincrotrone.

Il campo relazionale e il counseling

L’ultima considerazione che mi viene da fare è la seguente: se valgono le leggi della MQ per le relazioni umane, allora devono valere anche le conseguenze del Principio di Indeterminazione di Heisenberg, ovvero: la presenza dello sperimentatore altera il risultato dell’osservazione. La sola presenza di una persona alla fermata del bus può stimolare un comportamento piuttosto che un altro. Osservare o non osservare la scena descritta prima può fare la differenza. È come dire che un counselor che lavora su un gruppo (aziendale, familiare, di crescita, di supervisione…), altera la qualità delle dinamiche che lo agitano –non necessariamente in negativo-, per cui dovrà tenerne conto.

Tutto questo mi fa pensare che forse Rogers aveva ragione quando sosteneva che la relazione counselor/cliente ha un potere terapeutico. La sola presenza di un counselor in un campo relazionale può far precipitare il cliente in un “autostato” piuttosto che un altro e se il counselor è bravo…

 


Sante Casimof, counselor, fisico, direttore della Integrated Counselling School for Helping Profession di Minsk - Bielorussia