Casi di Studio

Quello descritto di seguito è un case study proposto agli allievi del II anno che dovevano affrontarlo utilizzando i presupposti della gestalt, dell'approccio rogersiano, ma soprattutto con un intervento cognitivo comportamentale.

Jacopo: una strana malattia

Jacopo si presenta ben vestito, magro e tonico grazie all'uso regolare di sana alimentazione e palestra. Quarantacinque anni ben portati e appena promosso dirigente di una grande software house milanese. Frequenta da sei mesi una donna che descrive utilizzando aggettivi quali: fantastica, meravigliosa, bellissima, intelligente, colta… Lo interrompo e gli chiedo se sa anche cucinare, alza le sopracciglia e annuisce ridendo.

Ma è l'unica risata che gli vedo fare nei primi tre incontri. Nonostante i vestiti eleganti e le numerose sue scarpe, si presenta dimesso nel volto e nella postura. Dà l'idea di un uomo che, nonostante i traguardi raggiunti in ambito professionale e affettivo, soffre. Gli chiedo più volte di definire un obiettivo su cui lavorare, ma mi dice che per ora preferisce parlare e raccontarmi delle cose di sé.

Parla soprattutto delle donne precedenti alla sua attuale compagna. Me le descrive, evidenzia i loro punti di forza, e come è stato bello vivere con loro e di quanto sia stato fortunato. Gli chiedo cosa c'entra Bruna (la sua attuale compagna) con questo. Perché mi sta raccontando delle sue storie passate? Qual è lo scopo?

"Sto male", mi dice facendosi ancor più serio. "Io non sono in grado di amare. Forse ho una malattia"

La settimana successiva arriva con in viso un mix di emozioni che decifro con difficoltà. Si siede e inizia subito a raccontarmi della nuova piega che ha preso la sua relazione con Bruna. Riformulo chiedendogli come ha fatto una relazione ha prendere una piega, anche i capelli hanno bisogno di un parrucchiere o un foglio di carta che… sorride a farmi intendere che è inutile che continuo perché ha capito –dopo quattro mesi ha capito come funziona il counseling ed io con questo–, per cui ripete: "Mi trovo bene con lei, ora. E credo che anche lei senta che insieme stiamo bene. Meglio che da soli” aggiunge mesto. “Io mi sento diverso, cambiato… e credo che sono riuscito a farglielo sentire per la prima volta". Lo guardo e sorrido empaticamente: "Credo che qualcuno lo chiami amore". Annuisce e poi, quasi esausto, scuote la testa in modo preoccupato: “Ormai ne sono certo. sono stato tutta la scorsa settimana a interrogarmi su cosa provo, quali emozioni. Ho capito che non sono in grado di amare e che forse ho una malattia.”

 

Esercizio

Impostate un piano di intervento con il vostro cliente dividendolo a step:

  • Capire facendo le domande giuste,
  • Definite l’obiettivo
  • Utilizzate gli strumenti rogersiani
  • Utilizzate l’Approccio C-C (pensieri e comportamenti)
Esercizio Aprile 2020
Jacopo: una strana malattia

Introduzione (pre-contatto):
Nel nostro primo incontro con Jacopo ci predisponiamo ad accoglierlo in un ambiente confortevole, cercando di metterlo a sua agio. Al fine di facilitare la disponibilità all’ascolto, cerchiamo di instaurare un clima di fiducia nella relazione, caratterizzato dagli elementi della triade rogersiana: empatia, calore e autenticità.

Esplorazione - Strumenti rogersiani:
In tutte le fasi del percorso, per favorire l’esplorazione più profonda fino all’insight e mantenere il clima di fiducia, usiamo le tecniche di ascolto attivo (rispecchiamento e riformulazione verbale) e formuliamo domande aperte (che, cosa, quale, come).

Osservazioni sul cliente:
Jacopo si presenta come un uomo di successo in ambito lavorativo e affettivo, ha da sei mesi una relazione con una donna, Bruna, che definisce con aggettivi superlativi. Osservandolo notiamo una incongruenza tra il suo aspetto molto curato nei dettagli, l’attenzione alla forma fisica, che fanno eco al suo successo, e il suo atteggiamento, che appare dimesso nella postura e in volto.
Immaginiamo che Jacopo provi una grande tristezza, lo vediamo sorridere solo dopo la battuta su Bruna “e sa anche cucinare?”. 
Notiamo anche che Jacopo è una persona estremamente razionale e che ha delle difficoltà con la sfera emotiva. Evidenziamo durante i colloqui le seguenti tematiche:
Problema emozionale - difficoltà emotiva: “io non sono in grado di amare”;
Controllo dei pensieri: “sono stato tutta la scorsa settimana a interrogarmi su cosa provo, quali emozioni.”;
Bassa tolleranza alla frustrazione: pensiero ricorrente “non sono in grado di amare”.
Questa dinamica lo porta ad avere atteggiamenti da vittima, non prendendosi la responsabilità delle suo stare male: “forse ho una malattia.”

Definizione dell’obiettivo (contatto):
Nei primi incontri Jacopo non vuole definire un obiettivo, preferendo parlare di se. Racconta le sue relazioni precedenti in maniera superlativa. Decidiamo di non rispondere al gancio del gioco vittimistico “forse ho una malattia” (Berne - i giochi).
Attuiamo una rottura di modello, spostando il focus dalla malattia alla “piega” (“Si siede e inizia subito a raccontarmi della nuova piega che ha preso la sua relazione con Bruna.”).
La frase che Jacopo ripete “forse ho una malattia” è una profezia che si autoadempie (Thomas), un circolo vizioso che si innesca quando la situazione emotiva sfugge dal suo controllo, tende quindi a ripetersi che non è capace di amare e a ripetere il copione attuato fino ad ora (Berne, Analisi Transazionale).
Proponiamo di visualizzare la piega nel qui ed ora (mindfulness), di dargli colore, consistenza, dimensione, collocazione nello spazio e rispetto a se stessi.
Quando Jacopo prende le misure con la “piega” e ci entra in confidenza, lo notiamo dal tono della voce, il ritmo, la respirazione, la postura…in maniera direttiva (counseling motivazionale) ricollegandoci al “anche i capelli hanno bisogno di un parrucchiere” chiediamo al cliente se è d’accordo sul lavorare sulla piega, sul mettersi nei panni del parrucchiere.

Approccio C-C pensieri e comportamenti (contatto pieno):
• Per renderlo cosciente del ciclo pensiero-emozione-comportamento e poter intervenire prima che si verifichi, proponiamo in maniera collaborativa di scrivere un Diario delle emozioni (TCC) come compito a casa. Pur trattandosi di uno strumento cognitivo, il diario può aiutare Jacopo a rendersi conto di quale sia il legame tra pensiero-emozione- comportamento.
• Nell’incontro successivo proponiamo di discutere insieme cosa potrebbe succedere applicando un nuovo modo di pensare, attraverso la descrizione di un nuovo comportamento adottato in base ad un pensiero differente, invitandolo infine ad agire il comportamento cambiato, valutandone i risultati e comparandoli con i comportamenti precedenti (TCC).
• Successivamente, durante il colloquio proseguiamo l’esplorazione al fine di attuare un ancoraggio (TCC - PNL) ad una situazione positiva per sostituire il mantra disfunzionale che
si ripeteva con una frase o un gesto che può ripetersi quando sta per innescarsi il circolo vizioso.
Approccio C-C pensieri e comportamenti (post contatto):
• Negli incontri successivi ci concentriamo sui comportamenti funzionali, rinforzandoli ed enfatizzandoli (empowerment - TCC - PNL).
Esercizio: Jacopo – una stana malattia

Anamnesi:
Jacopo. 45 anni, dirigente di una grande Software House. Si presenta curato nell’abbigliamento e nell’aspetto, che risulta magro e tonico. Sono 6 mesi che frequenta una donna che lui definisce Fantastica,Bruna. Nei primi tre incontri non definiamo un obiettivo, lui preferisce “raccontare delle cose di se”. Per lo più mi parla delle donne precedenti alla sua attuale compagna, di loro evidenzia i punti di forza e il com’è stato bello viverci insieme e di come ciò lo facesse sentire fortunato. Nel chiedergli la connessione tra le sue precedenti relazioni e Bruna,l’attuale compagna, lui mi confessa di non stare bene, e di sentire di non saper amare chiedendosi se questa sua incapacità possa essere attribuita ad una qualche malattia. 

1) Capire facendo le domande giuste:
Jacopo viene accolto agli incontri con empatia e, per stabilire un’efficace alleanza terapeutica, vengono utilizzate le tecniche dell’ascolto attivo (riformulazione) e del rispecchiamento.
Durante l’incontro in corso appare a noi evidente che il tema “Sto male. Io non so amare, forse ho una malattia” ha un’importanza centrale ed è coerente col non verbale manifestato dal cliente in quanto, nonostante una vita apparentemente di successo sia in campo lavorativo che affettivo, si presenta con atteggiamento e volto dimesso, nonché adotta un tono di voce mesto.

Testo:
- “Sto male”, mi dice facendosi ancor più serio. “Io non sono in grado di amare. Forse ho una malattia” -
Riformulazione:
- Mi stai dicendo di non stare bene perché senti di non essere in grado di amare e che questo ti angoscia in quanto credi di avere una malattia? -

Domande:
Hai detto di star male, mi puoi definire stare male?; Puoi dirmi cosa provi, anche a livello fisico, quando senti di star male?; In che parte del corpo si concentra, se la individui, la sensazione fisica legata a questa emozione?
Cosa intendi quando dici: Io non sono in grado di amare; Cosa significa per te essere capaci di amare… Quali sono i pensieri alla base dell’affermazione che tu invece non sei in grado di farlo?; Che cos’è per te l’amore?
Tu credi che l’essere, o il non essere, in grado di amare possa ricondursi ad una malattia?; Cosa intendi quando associ il non saper amare ad una malattia?
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Questo “set di domande”, rivolte al cliente, servono ad incentivare l’esplorazione di se stesso e dei possibili temi sui quali lavorare:
- sul riconoscimento delle emozioni che stanno dietro al suo pensiero disfunzionale di non saper amare per metterlo nella condizione di poterle riconoscere quando si manifestano.
- sulla sua definizione di amore che, stando a quanto dice, lui non è in grado di concretizzare ed a chiarire da dove può avere origine questo suo pensiero.
- sul legame che per lui esiste tra il non essere in grado amare e la malattia.
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2) Definire l’obiettivo:
Se nei primi incontri non è stato possibile individuare un obiettivo, adesso pare emergere chiaramente, quindi potremmo proporre di lavorare su questo:
- Negli incontri precedenti non siamo riusciti ad individuare un obiettivo chiaro sul quale lavorare. Da quanto mi hai appena detto, il fatto di non saper amare e che forse hai una malattia è un tuo pensiero concreto sul quale hai riflettuto molto nell’ultima settimana. L’obiettivo può essere quello di lavorare su questa tua convinzione di non saper amare? -
Individuato il pensiero disfunzionale come obiettivo, formuliamo possibili domande da proporre, che ci aiuteranno a far modificare a Jacopo tale pensiero. Chiaramente si tratta di un elenco, che varierebbe se avessimo il cliente davanti a noi a rispondere.
3) Utilizzare gli strumenti Rogersiani:
Come già applicato anche nella fase precedente, l’ascolto attivo e la riformulazione fanno parte di quegli strumenti volti ad aiutare il cliente a iniziare un'esplorazione di sé ed accompagnarlo verso una maggiore consapevolezza.
Testo:
- “Mi trovo bene con lei, ora. E credo che anche lei senta che insieme stiamo bene. Meglio che da soli. “Io mi sento diverso, cambiato… e credo che sono riuscito a farglielo sentire per la prima volta in due anni” “Ormai ne sono certo, sono stato tutta la corsa settimana a interrogarmi su cosa provo, quali emozioni. Ho capito che non sono in grado di amare e che forse ho una malattia”. -
Riformulazione:
- Mi hai detto che ora le cose con Bruna vanno bene, che stai bene con lei e lei con te, o che comunque quello che provi ora nello stare con lei sia preferibile all’eventualità di rimanere soli. Dici di sentirti cambiato e di essere riuscito a far percepire questo tuo cambiamento anche a lei. Però, nonostante questo tuo cambiamento ed il fatto che ora te e Bruna state bene insieme, dici che ad oggi ancora non sei in grado di amare, questo pensiero è stato così presente e concreto da averti spinto a rifletterci sù per tutta la settimana scorsa interrogandoti sulle tue emozioni e a farti chiedere, ancora una volta, se il tuo reputarti incapace di amare non sia in realtà da ricondurre ad una malattia. -


Domande:
Quando dici, mi trovo bene con lei. Cosa intendi? Cosa Provi? Dove lo provi?
Hai detto, meglio che da soli? Che cosa intendi con meglio che soli? Come pensi che sia stare da soli?
Prima, nel descrivere la tua relazione ad oggi, mi hai detto di sentirti diverso, cambiato. In che cosa ti senti cambiato? Cambiato in cosa e rispetto a cosa? Come eri prima e come sei adesso?
4) Utilizzate un Approccio C-C (pensieri e comportamenti):
Utilizzando un approccio Cognitivo-Comportamentale potremmo porre a Jacopo diverse domande volte a farlo riflettere sul significato ed il perché delle sue affermazioni.
Le domande che andremo a porre al cliente sono volte ad aiutarlo ad identificare il pensiero disfunzionale, così da poter agire su di sé un cambiamento di pensiero e conseguentemente di comportamento.
Domande:
Tu mi stai dicendo che ora con Bruna ti trovi bene e che comunque è meglio che stare da soli… Che cosa succederebbe se tu stessi da solo? Cosa proveresti, come ti immagini che sarebbe la tua vita senza Bruna?
Che vantaggio ti porta pensare di non saper amare e di avere una malattia?; Perché credi di non saper amare?; Da cosa deriva, secondo te, questa convinzione?
Che cosa succederebbe se invece ti pensassi in grado di amare? Come ti sentiresti a pensare questo?; Quale comportamento adotteresti se tu fossi capace di amare? E che emozioni proveresti nell’adottare questi comportamenti?
- Questa domanda serve per far riflettere Jacopo su se stesso e sul suo bisogno di stare in coppia anche se ciò lo porta a sentirsi insoddisfatto e colpevole per non essere in grado di amare la sua fantastica compagna.
- Ogni pensiero ed atteggiamento disfunzionale, al momento che esiste e persiste, nasconde in sé un’utilità, un vantaggio in chi lo agisce. Portare Jacopo a riflettere sul perché si genera in lui questo pensiero e quali conseguenze i suoi atteggiamenti porteranno (o, magari, hanno già portato in passato), è il primo passo per rendersi consapevole del proprio pensiero ed atteggiamento e poterci lavorare.
- Cambiare prospettiva serve ad aiutare Jacopo a immaginarsi come non si è mai visto e a ribaltare l’idea che ha di sé, quindi a trasformare il pensiero disfunzionale.
Aprile 2020
Il caso di Jacopo

Dopo aver accolto JACOPO nel mio studio ed averlo fatto accomodare, lo ascolto mentre mi parla delle sua vita lavorativa ed affettiva. Comincio chiedendogli come si sente oggi, dal suo racconto mi sembra confuso. C’è una evidente incongruenza tra quello che dice e come si presenta.
Mi racconta delle sue donne precedenti a quella attuale, e mi dice quanto si senta
fortunato ad aver vissuto con loro; lo ascolto, ma in modo attivo, chiedendomi perché mi stia parlando di loro.
Ad un certo punto mi dice che sta male, afferma di non essere in grado di amare, teme di avere una malattia. Quindi riformulo “Cosa ti fa pensare di avere una malattia? Che sintomi hai?” Ricorrendo alle tecniche rogersiane.
Potrei utilizzare anche la PNL chiedendogli “In base a cosa fai questa affermazione? Quali sono le persone che sono in grado di amare?”
Prosegue parlandomi della “piega” che ha preso la sua relazione, ne deduco che l’ utilizzo di un canale visivo potrebbe essermi di aiuto nella relazione con il mio cliente, magari in seguito.
Mi dice che si trova bene con lei, ora; che crede che anche lei “senta” che insieme stanno bene.
Riformulo a eco :”ORA”, cosa é cambiato rispetto a prima?” “mi stai dicendo che anche Bruna sente che state bene insieme; cosa te lo fa pensare? Glielo hai chiesto?”
Mi dice di sentirsi diverso, cambiato….e crede di essere riuscito a farglielo sentire. Quindi gli domando in base a cosa “crede” o “dove” pensa che Bruna “sente” il suo
cambiamento, in quale parte del corpo?(PNL)
Prosegue con una affermazione: “ meglio che da soli” , quindi gli chiedo:” non so se ho capito bene.. mi stai dicendo che stai bene con lei perché é meglio che stare soli? Cosa c’é che non va nello stare soli? Come ti senti quando sei solo?”
Gli propongo una sorta di bilancia decisionale, e gli chiedo di elencarmi tutti i pro e i
contro dello stare da soli. Potrebbe cambiare pensieri al riguardo, non percependola più come una situazione tanto terribile.

Mi racconta di aver tenuto un diario emotivo della settimana precedente, interrogandosi su cosa avesse provato, e di essere giunto alla conclusione di non essere in grado di amare; mi ricordo allora di quel canale visivo da poter utilizzare e partendo dal principio dell’approccio C.C. secondo cui “TU SENTI RELATIVAMENTE ALLA MANIERA IN CUI PENSI”, gli propongo di scrivere una storia , in cui IMMAGINA di essere un uomo in grado di amare, descrivendo cosa succede se applica, nella storia, un nuovo modo di pensare rispetto a quello utilizzato finora; gli chiedo di descrivere anche il comportamento che può adottare in base al nuovo pensiero.
Quando mi avrà portato la sua storia, gli chiederò di agire il comportamento cambiato nella sua immaginazione e di valutare se si ritiene ancora una persona non in grado di amare.

Finalmente l’obiettivo é chiaro : Jacopo vuole raggiungere il benessere all’interno di una relazione di coppia, senza sentirsi sbagliato o inadeguato

Esercizio Aprile 2020 Jacopo: una strana malattia

 

Accoglienza
Dopo aver accolto Jacopo nel mio studio ed averlo fatto accomodare, lo ascolto mentre mi parla della sua vita affettiva e lavorativa. Comincio chiedendogli come si sente oggi, dal suo racconto mi sembra confuso. C’è un’evidente incongruenza tra quello che dice e come si presenta. È una
persona curata nel fisico e nel vestire ma fondamentalmente infelice. Mi racconta delle sue donne precedenti a quella attuale e dice quanto si senta fortunato ad aver vissuto con loro. Lo ascolto in modo attivo chiedendomi perché mi stia parlando di loro.
Noto la tendenza del mio cliente a porsi in secondo piano rispetto alla sua compagna e alle sue compagne del passato, e la sua difficoltà a concepire sé stesso come soggetto attivo nella sua relazione. 

Jacopo si presenta ben vestito, magro e tonico grazie all’uso regolare di sana alimentazione e palestra. Quarantacinque anni ben portati e appena promosso dirigente di una grande software house milanese. Frequenta da sei mesi una donna che descrive utilizzando aggettivi quali: fantastica, meravigliosa, bellissima, intelligente, colta…
Lo interrompo e gli chiedo se sa 
anche cucinare, alza le sopracciglia e annuisce ridendo. Ma è l’unica risata che gli vedo fare nei primi tre incontri. Nonostante i vestiti eleganti e le numerose sue scarpe, si presenta dimesso nel volto e nella postura. Dà l’idea di un uomo che,
nonostante i traguardi raggiunti in ambito professionale e affettivo, soffre. Gli chiedo più volte di definire un obiettivo su cui lavorare, ma mi dice che per ora preferisce parlare e raccontarmi delle cose di sé.

Parla soprattutto delle donne precedenti alla sua attuale compagna. Me le descrive, evidenzia i loro punti di forza, e come è stato bello vivere con loro e di quanto sia stato fortunato.
“Mi racconti delle tue donne precedenti e mi evidenzi i loro punti di forza”.
(Provo ad innescare un ancoraggio/rinforzo): “E i tuoi punti di forza, quali sono? Ti va di farmi un esempio?”
“Mi dici che sei stato fortunato, che cosa intendi quando dici che sei stato fortunato?”
Gli chiedo cosa c’entra Bruna (la sua attuale compagna) con questo. Perché mi sta raccontando delle sue storie passate? Qual è lo scopo? “Sto male”, mi dice facendosi ancor più serio. “Io non sono in grado di amare. Forse ho una malattia”.
“Quando dici -sto male- quale emozione provi? E dove senti fisicamente questa emozione? Come ti comporti? Cosa pensi di dover sentire per definirti innamorato? Pensa ad un momento in cui hai provato una grande emozione positiva, un grande benessere, come ti sentivi? Dove sentivi questa emozione? E come ti comportavi?”

(ACC): Gli propongo di immaginare una storia in cui lui è un uomo innamorato descrivendo cosa sente. “Come ti comporti se nella storia applichi un nuovo modo di pensare rispetto a quello che hai utilizzato fino ad ora? Come ti senti in questo nuovo comportamento?”

La settimana successiva arriva con in viso un mix di emozioni che decifro con difficoltà. Si siede e inizia subito a raccontarmi della nuova piega che ha preso la sua relazione con Bruna.
Riformulo chiedendogli come ha fatto una relazione a prendere una piega, anche i capelli hanno bisogno di un parrucchiere o un foglio di carta che… sorride a farmi intendere che è inutile che continuo perché ha capito – dopo quattro mesi ha capito come funziona il counseling ed io con questo–, per cui ripete: “Mi trovo bene con lei, ora. E credo che anche lei senta che insieme stiamo bene. Meglio che da soli” aggiunge mesto.

(Riformulazione eco): “Meglio che da soli? puoi spiegarti meglio?”
Dalla precisazione di Jacopo “meglio che da soli” riconosco un pensiero disfunzionale e immagino che sia una bassa tolleranza alla frustrazione (non ce la farò mai a stare da solo).
A questo punto invito Jacopo a stare in una solitudine immaginata e ad adottare un comportamento diverso dal solito (ACC).

“Immagina di stare da solo, come ci stai? Mi descrivi i tuoi pensieri? Qual è il tuo bisogno quando stai da solo? Riesci ad immaginare un comportamento diverso da quello che solitamente metti in pratica?”
“Io mi sento diverso, cambiato… e credo che sono riuscito a farglielo sentire per la prima volta”.
“In che modo ti senti diverso, cambiato? Che sensazioni provi? Dove fisicamente? Mi descrivi il tuo comportamento?”
Lo guardo e sorrido empaticamente: Credo che qualcuno lo chiami amore. Annuisce e poi, quasi esausto, scuote la testa in modo preoccupato: “Ormai ne sono certo. sono stato tutta la scorsa settimana a interrogarmi su cosa provo, quali emozioni. Ho capito che non sono in grado di amare e che forse ho una malattia.”

Riformulo: “Vediamo se ho capito, ti senti diverso, senti che sei cambiato e finalmente sei riuscito ad esprimerlo.
Mi hai detto anche che sei stato tutta la scorsa settimana ad interrogarti su cosa provi, quali emozioni, e hai capito che non sei in grado di amare”.
Immagino che il mio intervento possa essere stato l’evento attivante per Jacopo: forse avendo sentito la parola “amore” Jacopo ha avuto una serie di pensieri, credenze e regole, da cui derivano comportamenti ed emozioni che lo portano ad etichettarsi come “malato” e così blocca la possibilità di un cambiamento.

A questo punto chiedo a Jacopo (ACC):
“Mi vuoi descrivere cosa è successo dentro di te quando ti ho detto -credo che qualcuno lo chiami amore-?”
“Mi vuoi descrivere i pensieri che si sono attivati?”
“Questi pensieri quali emozioni, comportamenti e sensazioni fisiche fanno scaturire in te?”.
“Puoi immaginare di avere un pensiero diverso da quello che hai avuto?”
“E a fronte di questo nuovo pensiero, che comportamento adotteresti?” a questo punto invito Jacopo a chiudere gli occhi e ad immaginarsi nel suo nuovo comportamento, e poi gli chiedo:
“Che emozioni stai provando mentre pensi al nuovo comportamento?”
Alla fine di questa visualizzazione gli propongo di confrontare il “vecchio” con il “nuovo” e gli chiedo cosa ne pensa.

Obiettivo: cercare di dare un significato alla parola amore, e familiarizzare con le proprie emozioni, per raggiungere la consapevolezza.